La storia del Teatro Umberto Giordano

Il teatro a Foggia: un’antica passione

Foggia vanta un illustre e glorioso passato che affonda le sue radici nell’età medievale, quando l’imperatore Federico II di Svevia la rende regalis sedes inclita imperialis del Regno di Sicilia, nel 1223.
Da allora governanti svevi, angioini ed aragonesi danno sempre più spazio a spettacoli di musici, cantanti, acrobati e maghi nelle loro Corti foggiane.

La riforma accentrante dell’istituto della Regia Dogana delle Pecore, nel 1468, ed il potenziamento della Fiera di Maggio determinano in seguito la nascita di teatri provvisori in palazzi privati e pubbliche piazze.
Nella prima metà del 1700, Foggia diventa un centro mercantile ed amministrativo del Regno di Napoli e il crescente numero di visitatori in città spinge alcuni privati ad aprire le prime sale teatrali.

Durante il dominio francese, la gestione privata foggiana, che ha sostenuto l’attività teatrale fino ad allora, viene sostituita dall’Amministrazione dell’Intendenza di Capitanata. Quest’ultima, al ritorno dei Borboni al potere, si occupa della realizzazione del secondo teatro di pianta del Regno delle Due Sicilie, l’attuale Umberto Giordano: il più antico teatro funzionante in Puglia, insieme al F.S. Mercadante di Cerignola e al G. Curci di Barletta.

Maggio 1828

Nel 1824, l’aspirazione di dotare la città di un teatro di pianta all’altezza del San Carlo di Napoli viene concretizzata dal progetto dell’ingegnere della Provincia: Luigi Oberty.

Per realizzare la struttura, Oberty si avvale di maestranze altamente specializzate, provenienti da diverse parti del Regno.

Dopo tre anni di lavori, il Real Teatro Ferdinando, maestoso nella sua semplice architettura neoclassica, viene inaugurato il 10 maggio 1828.

La stagione teatrale si svolge quasi ininterrottamente per circa un ventennio, anche se le difficoltà gestionali, dovute a limitanti vincoli burocratici e a ingenti spese di manutenzione, non permettono di sfruttare a pieno le potenzialità del teatro.

Il Teatro Dauno

Dopo un anno di pausa, dovuto alla chiusura ordinata dai funzionari borbonici, nel 1860 il teatro riapre i battenti con il nome provvisorio di “Dauno”, evidenziando così il nuovo corso politico dell’Italia appena nata. All’indomani dell’Unità, però, il Teatro Dauno inizia a decadere, non riuscendo a fronteggiare la richiesta crescente di partecipazione. Il livello delle rappresentazioni gradualmente scade e a nulla servono le opere artistiche e le riforme strutturali realizzate per rivalorizzarlo, fino alla chiusura per inagibilità, nel 1868.

Nasce il Teatro Umberto Giordano

Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, il crescente interesse per la belle époque e il dramma popolare napoletano determinano la nascita di numerose sale teatrali, anche a Foggia. In quegli anni, Umberto Giordano, musicista foggiano, si afferma come uno dei più importanti compositori della sua epoca.
Il 23 agosto del 1928, il “Teatro Dauno” cambia nome in Teatro Comunale Umberto Giordano.

Un gesto di riconoscenza da parte delle istituzioni foggiane, testimonianza della stima nutrita dalla cittadinanza nei confronti dell’insigne concittadino. Fino agli inizi degli anni ‘40, quando la presenza di diverse sale cineteatrali, di un auditorium e di un’arena provvisoria estiva danno inizio a una crisi inarrestabile dell’attività teatrale. La situazione non migliora successivamente e, tra la fine della guerra e il 1950, il Giordano, già gravemente danneggiato dai bombardamenti del 1943, deve affrontare il suo periodo peggiore.

Per questioni di piano di sistemazione postbellico, alla fine degli anni ‘50 si fa avanti l’ipotesi di un abbattimento del teatro comunale. È un’idea che, per fortuna, alla fine viene scartata. Tutta l’Italia sta ripartendo.

E non fa eccezione il Teatro Umberto Giordano che, all’inizio degli anni Sessanta, rinasce e torna a ospitare artisti, teatrali e musicali, di spicco: dalle rinomate compagnie della famiglia De Filippo a mostri sacri come Anna Magnani, Nino Taranto, Salvo Randone, Walter Chiari, Paolo Panelli, Gino Bramieri, Salvatore Accardo, fino alla celebre Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI.

Il nuovo corso del rinato teatro si svolge all’insegna della polivalenza, ospitando non solo opere teatrali ma mostre d’arte, sfilate e saggi di danza o concerti, oltre che conferenze culturali, congressi politici e cerimonie ufficiali.

Nel 1982 il teatro viene completamente restaurato e il foyer diventa Sala Fedora, in onore al grande melodramma giordaniano. Ma nel 2006, per vari motivi strutturali, cessa di nuovo l’attività.

Fino al 2014, anno in cui il Giordano, dopo otto lunghi anni di silenzio, torna a essere il centro ufficiale della cultura a Foggia. Il 10 dicembre il Teatro Comunale Umberto Giordano riapre con il concerto dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, diretta dal grande M° Riccardo Muti.

Un favoloso nuovo inizio.

Umberto Giordano - Vita e opere

Un artista diventa celebre quando arriva ad imporre i suoi difetti (Umberto Giordano)

Genio foggiano

Umberto Giordano nasce a Foggia il 28 agosto 1867. Fin da piccolo viene avviato agli studi ginnasiali: i genitori sognano per il figlio un futuro da avvocato o medico. Il ragazzo, però, coltiva la passione per la musica e le rappresentazioni teatrali e frequenta assiduamente le quinte del Teatro Comunale. C’è un episodio legato alla riapertura del ribattezzato Teatro Dauno, restaurato ed ampliato, dove un giovane Giordano “porta ceste e sposta tavoli, sedie, suppellettili, statue di cartone inargentato”, diventando amico del custode. È invece un amico del padre, l’ing. Gaetano Briganti, a mostrare al giovanissimo Umberto, per la prima volta, le sette note musicali su un pentagramma ed è sempre lui a insistere col padre del ragazzo, affinché faccia impartire al figlio lezioni di composizione, dai Maestri foggiani Gissi e Signorelli, per prepararlo all’esame di ammissione al Conservatorio di Napoli.

Gli inizi

I primi passi del quattordicenne Giordano non danno buon esito. Il ragazzo non supera l’esame di ammissione del 1881. Eppure Paolo Serrao, componente della commissione esaminatrice, nonostante il cattivo esito della prova si esprime in maniera tutt’altro che negativa. Le parole che spende per il giovane candidato di Foggia sono lungimiranti: “Ma dove ha studiato questo ragazzo? Non sa nulla: il basso armonizzato è pieno di errori, però le due composizioni hanno richiamato l’attenzione della Commissione e specialmente la mia. Questo Concorso che non ha dato oggi alcun risultato, si ripeterà fra sei mesi. Lasciate vostro figlio a Napoli e gli darò io lezioni gratuitamente: fra sei mesi si ripresenterà agli esami e sono sicuro che vincerà».

Affidato alla famiglia Midolla a Napoli, Giordano segue le lezioni del Maestro Serrao e, sei mesi dopo, è ammesso a pieni voti al Real Collegio S. Pietro a Majella, guadagnando il posto gratuito.

In questo periodo, per sostentare il soggiorno napoletano del figlio, la famiglia Giordano inoltra una richiesta per una borsa di studio all’amministrazione provinciale foggiana. Quest’ultima gliela nega, nonostante l’encomio pubblico al giovane musicista apparso sulle pagine de Il Nazionale, un quotidiano della città.

Giordano fa il suo ingresso nel prestigioso Conservatorio di Napoli il 9 novembre del 1882. Già tra il 1886 ed il 1887, seppure giovanissimo, ha l’occasione di trovarsi, per la prima volta, a fianco di Verdi, Donizetti e Saint-Saens, all’Accademia di Musica di Viterbo. Tra le loro composizioni, vengono pubblicate alcune sue musiche per pianoforte.

Durante gli anni di studio al Conservatorio di Napoli, molti giornalisti elogiano il talento del compositore foggiano. Tra questi va citato il commento di Francesco Florido, storiografo musicale, amico e biografo di Vincenzo Bellini. Parlando del promettente compositore, Florido scrive: “Presenta le più belle speranze per l’arte musicale italiana e su cui questo Collegio spera molto per il suo lustro avvenire e per la continuazione della gloria dei tempi passati”.

I primi lavori

A soli ventuno anni, Giordano partecipa all’importante Concorso organizzato dall’editore Edoardo Sonzogno che, dopo aver lanciato Mascagni e la Cavalleria Rusticana, elogia il lavoro del musicista foggiano, il più giovane fra i finalisti. Giordano presenta un’opera intitolata Marina e non vince, ma l’editore Sonzogno si dichiara disposto a scritturarlo quanto prima per un nuovo lavoro.

Conseguito il diploma e il primo premio d’onore del Conservatorio, Giordano, incoraggiato dagli elogi ricevuti ai tempi del Concorso, comunica a Sonzogno i suoi affanni e le sue apprensioni. L’editore, in una lettera datata 28 novembre, gli risponde: “Caro signor Giordano, ho ricevuto la vostra lettera che mi rendeva conto del successo da voi ottenuto all’esame finale del Conservatorio e me ne rallegro assai. Voi mi fate conoscere le tristi condizioni in cui vi troverete all’uscita dal conservatorio e per provvedervi io sono disposto a fare il seguente contratto per la Mala Vita. Vi passerò cioè 200 lire al mese per tutto l’anno 1891 come prezzo di cessione della proprietà della musica rilasciandovi poi il 25 per cento sullo importo dei noli che si otterranno dopo la prima riproduzione dell’opera. Questo vi permetterà di lavorare tranquillamente e più presto compirete il vostro lavoro e meglio sarà. Se credete vi farò inviare il relativo contratto. Intanto vi saluto cordialmente».

Giordano si dedica alla composizione di Malavita. L’opera debutta al Teatro Argentina di Roma nel 1892. Critica e pubblico sono concordi: è nata una stella. Amintore Galli, famoso critico, scrive: “Il successo del Giordano portato dall’ala del telegrafo in tutte le città d’Italia, in tutte le capitali dei due emisferi, fu come l’annunzio dell’apparizione festosa di un nuovo genio del teatro musicale italiano”.

Gli anni difficili

La Malavita raccoglie consensi ovunque venga rappresentato. Tranne a Foggia. Giordano viene invitato a una festa in suo onore al Teatro Dauno, alla presenza dei maggiori enti locali. I presenti lo invitano a eseguire le migliori arie di Malavita al pianoforte. Ma qualcosa va storto. Al termine dell’esecuzione, Giordano resta agghiacciato da un silenzio mortificante. I presenti si sono riuniti negli angoli del salone, per giocare a carte, ignorandolo. Giordano abbandona la sala, umiliato e offeso. Tornerà a Foggia trentasei anni dopo. Dopo quel brutto episodio, il maestro dauno affronta il periodo più doloroso della sua vita. La nuova opera Regina Diaz non ottiene consensi e sono ormai in molti a mettere in dubbio l’effettivo talento del musicista. L’editore Sonzogno non fa eccezione e scrive a Giordano parole durissime: “Mi accorgo che, nonostante Malavita, voi non avete ombra di ingegno musicale. L’arte non è roba per voi: il mio impegno è finito”.

Andrea Chénier

È un incontro fortunato a cambiare la vita di Giordano, poco tempo dopo il congedo dell’editore. Alberto Franchetti, un importante compositore appartenente alla scuola verista, il 20 aprile del 1894 gli dice: “Ho visto Sonzogno che è furibondo, ma io che conosco bene la vostra prima opera non mi spiego il suo contegno”. Il Maestro Franchetti mette a disposizione un libretto di Luigi Illica e convince Sonzogno a tornare sui propri passi.

Giordano conclude Andrea Chénier il 27 gennaio del 1896 e la consegna all’editore Sonzogno, che affida il giudizio al suo consigliere musicale Amintore Galli. Il critico non usa giri di parole: “Questo Chénier non vale un fico: opera irrapresentabile”.
Di tutt’altro parere, invece, si dichiara l’amico Pietro Mascagni, celebre compositore e direttore d’orchestra, che decide di intercedere con Sonzogno e Galli. Per Mascagni ”Lo Chénier non si discute”.

L’opera riappare in programma, nonostante gli imprevisti che si presentano. Il tenore Alfonso Garulli, preoccupato dagli antefatti, scompare. Giordano è costretto a cercare un nuovo cantante, qualcuno che non abbia nulla da perdere dall’eventuale fiasco dell’opera. Borgatti, tenore dalle alterne fortune, è la voce giusta al momento. Tutto è pronto.

È il 1896.

La messinscena dell’opera ha un successo travolgente, al punto che, a distanza di un anno, il nuovo melodramma verrà rappresentato in ogni parte d’Europa. Da Foggia partono numerosi telegrammi, fra cui quello del sindaco, Emilio Perrone, che gli scrive personalmente.

Nello stesso anno, Umberto Giordano sposa Olga Spatz, a coronamento di una giovanile passione che durerà tutta una vita. I due avranno quattro figli (Mario, Fedora, Eli e Rina) e rimarranno insieme fino alla morte dell’amata consorte, che avverrà nel 1940.

Durante la luna di miele, gli sposi desiderano rendere omaggio a chi non è stato estraneo alla loro storia d’amore: Giuseppe Verdi, che in quel periodo risiede a Genova.

Il Maestro di Busseto ha un’illimitata fiducia nel talento del foggiano e gli dà più di qualche consiglio. Verdi spiega al collega dauno: “Bene, vi dico subito: non correggete mai ciò che avete scritto il giorno prima; non vi piacerà più e distruggereste, sbagliando, quanto avete fatto. Scrivete tutto d’un fiato un atto, senza pentimenti: eseguito ciò, mettete da parte i fogli e incominciate il secondo. Fate per il secondo atto lo stesso come per il primo, per proseguire nella composizione del terzo e del quarto. Poi riposatevi: quando avrete ripreso le forze, rivedete e correggete il tutto; potete stare tranquillo che solo così non vi sbaglierete”.

Un successo dopo l’altro

È un momento d’oro per Giordano anche se, come Mascagni dopo Cavalleria Rusticana, si sente “condannato al capolavoro”, dopo il successo raggiunto dall’Andrea Chénier. Ma il talento del musicista foggiano non conosce limiti. Fedora, Siberia, Madame Sans-Gêne, la Cena delle Beffe ed Il Re: Giordano comporrà un capolavoro dopo l’altro. Foggia si accorge di lui soltanto nel 1900. Organizzata la stagione lirica con alcune sue opere in cartellone, a fianco a quelle di Mascagni, Puccini e Leoncavallo, il Maestro, ormai operista di successo, è invitato più volte a presenziare, senza mai accettare.

Passeranno quasi trent’anni, prima che, il 5 giugno del 1928, rimetta piede a Foggia, in occasione dell’inaugurazione del monumento ai Caduti della guerra 1915-18. Il rapporto tra Giordano e la cittadinanza, a quel punto, sembra ricucito, anche se il Maestro si rifiuterà categoricamente, fino alla fine, di tornare a vivere nella città natale.

L’amministrazione di Foggia, il 23 agosto del 1928, decide di cambiare nome al Teatro Dauno: “nasce” il Teatro Comunale Umberto Giordano.

Trascorre gli ultimi anni di vita a Milano dove, dopo essere stato nominato nel 1947 “Senatore a vita per la musica”, muore il 12 novembre del 1948.

 

CURIOSITÀ

Un laboratorio particolare

Nel 1895 Giordano vive a Milano, in un vasto locale a pianterreno, di proprietà di un negoziante di oggetti funebri. È uno stanzone pieno di bare, statue, lapidi e croci di marmo. Il Maestro foggiano pur di vivere vicino a Luigi Illica, il librettista, e lavorare gomito a gomito con lui, è disposto ad adattare a studio quel lugubre locale. Vi porta un lettino, un tavolo, una lampada a petrolio, alcune sedie e un pianoforte verticale. È in queste condizioni che Giordano scrive l’opera che cambierà, per sempre, la sua vita: l’Andrea Chénier.

Un musicista di carattere

A metà lavoro dell’Andrea Chénier, Giordano e Illica litigano furiosamente, durante un momento di sconforto. Il librettista sembra voler abbandonare tutto, quando il compositore, in uno scatto d’ira, tira fuori da una tasca una rivoltella. Illica, terrorizzato, giura al maestro di rimanergli accanto e di far tutto il necessario. Giordano gli svela che l’arma è di stagno ed entrambi scoppiano in una clamorosa risata riconciliatrice.

Un rapporto difficile con la città

Nel 1911, in occasione della celebrazione del cinquantenario dell’Unità d’Italia, l’assessore Ricca fa inserire nella stagione lirica l’opera Marcella. È convinto che l’onorevole Eugenio Maury, legato personalmente al maestro, sia riuscito a convincere Giordano a presenziare. Tutta la città è in tripudio per il ritorno del Maestro dopo vent’anni ma, la mattina della rappresentazione, Giordano fa recapitare un telegramma allo stesso on. Maury, in cui gli annuncia che per impegni, non meglio specificati, non sarà in grado nemmeno questa volta di raggiungere Foggia. Per attenuare il malcontento dei foggiani, Maury invita a teatro il maestro Pietro Mascagni, che racconta, invece, al pubblico di essere stato incaricato, dal compositore dauno in persona, di sostituirlo. 


Bibiliografia

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A cura di M. Moroni, Umberto Giordano, Casa Musicale Sonzogno, Milano, 1968

Intervista a Giordano tratto da Un giornale tra due città, Staderini Editore, 1960

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U. Ojetti, Cose viste, 1921-1943, Sansoni, 1960

 

Edito dalla Fondazione Musicalia della Fondazione Banca del Monte di Foggia

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Documenti dell’Archivio del Teatro “U. Giordano” di Foggia

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